Non è una guida né un saggio, non è un romanzo e neppure una raccolta di racconti. La cosa che potrebbe avvicinarsi di più è un diario di bordo, che non racchiude tuttavia gli appunti di un viaggio di quaranta anni - di fatto ne ho sempre presi pochi, di appunti - piuttosto i ricordi affiorati grazie a un minuzioso esercizio di recupero della memoria. Il tempo aveva però avvolto in una patina quelli più vecchi, sbiadendone i contorni e obbligandomi a ricostruire immagini e stati d’animo con il cuore, oltre che con gli occhi della memoria. Ha forse ragione Armando Castagno quando dice che il mio è un segnalibro.
Più che come scrittore mi vedo quindi come una sorta di archeologo. Le storie che racconto si sono scritte da sole, ricordo dopo ricordo, dopo averle cercate, trovate, disseppellite e infine ripulite dall’ossidazione del tempo.
Racconto del vino, e soprattutto della Borgogna. Ma il vino e la Borgogna sono solo il filo rosso, il binario lungo il quale ho conosciuto luoghi e persone, sono accaduti fatti per i quali a volte ho riso e a volte anche pianto. E sono nate amicizie, senza le quali il vino non avrebbe avuto granché senso.
Parlando di vino, sono solito dire che il mio ideale estetico è quello dalla “struttura senza peso”. Anche nello scrivere queste pagine mi auguro di essere riuscito a farlo in modo appassionante e coinvolgente ma allo stesso tempo leggero, attraverso la lente dell’ironia.
Giancarlo Marino